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Cinema espressionista

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Cultura e cinema nella Repubblica di Weimar

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Distacco, neutralità, indifferenza, quotidianità. Verbale, fotografia. Scena, temi e modi di enunciazione della Nuova Oggettività trovano in questo breve testo una loro esposizione esemplare. Il quadro appare perfetto, trasparente, autoconclusivo. Ma perché polizia e delitto? E che cos'è che ci attrae verso il punto in cui la figura di un uomo alla finestra cede il posto alla presenza di una città? Tra una condizione di irredimibile fissità e incursioni in avanti e all'indietro, nella relazione tra spazio privato e spazio urbano che non è fronteggiamento né compenetrazione, qualcosa di impenetrabile ci impegna in un lavoro di lettura. La cultura di Weimar sta conoscendo anche in Italia un momento di vivo interesse, attenzione, popolarità, quasi. Alcuni aspetti parziali (l'avanguardia espressionista, la Bauhaus) e alcuni autori (da Brecht a Thomas Mann, da Hesse a Remarque, ecc.) avevano già alle spalle per la verità una ricca bibliografia e un cospicuo numero di traduzioni. Ma si trattava di personalità il cui percorso si estendeva ben oltre il quindicennio weimariano e che comunque venivano lette e analizzate innanzitutto per la loro qualità di autori, appunto, secondo le linee di evoluzione di una determinata, autonoma poetica. Quanto alle scuole e ai movimenti, la loro riconsiderazione non si è mai sciolta completamente — valga per tutti l'esempio dell'espressionismo — da un orizzonte un po' chiuso, specialistico più che "tendenzioso", settoriale più che specifico, prigioniero di tenaci tentazioni accademiche.Del tutto recente è invece la tendenza allo sguardo generale, alla prospezione d'insieme; sollecitata da letture politiche e interpretazioni storiche che hanno voluto istituire paralleli e omologie tra la situazione di crisi istituzionale e socio-economica di quel periodo e le condizioni dell'Italia post centro-sinistra degli anni '70 (anche se si è trattato per lo più di bruschi raffronti, cortocircuiti analogici risolti più in chiave di sfida paradossale e polemica attualizzazione che di riflessione storica meditata). Vi hanno contribuito alcune indagini a carattere storico-sociologico e tuttavia di taglio originale, aperto, non istituzionale. E l'insistenza, certo, degli interpreti del "pensiero negativo". Vi hanno contribuito nuove ristampe e traduzioni (Sternheim, Örvàth, Tucholsky erano, fino a qualche tempo fa, autori pressoché sconosciuti in Italia), mostre (sul Teatro della Repubblica di Weimar, su Piscator, Heartfield, Sander), rassegne cinematografiche, cataloghi e monografie. E la traduzione di due noti studi: La repubblica di Weimar. Vita e morte di una società permissiva, di Walter Laqueur (Rizzoli, 1977) e La cultura di Weimar. The insiders as outsiders, di Peter Gay (Dedalo, 1978); entrambi condotti secondo quel taglio complessivo e interdisciplinare con cui la saggistica italiana ha sempre avuto scarsa familiarità. Questo rivela nel primo caso la sua pericolosa inclinazione a scivolare verso la superficialità e la semplificazione — o semplicemente l'insensatezza? — mentre mostra nel caso dell'opera di Gay la possibilità di condurre a risultati non banalmente informativi per sollecitare produttivi accostamenti e sintesi originali. Chi scrive ha tuttavia l'impressione che, al di là della valutazione specifica relativa ai singoli contributi sia negli studi più recenti che in altri ormai più lontani, una fase delle vicende culturali dell'età weimariana sia rimasta costantemente in ombra: l'insieme delle proposte tendenze indicazioni raccolte comunemente sotto il termine Nuova Oggettività. Abbiamo detto "una fase" e non "un movimento", poiché con tali caratteristiche effettivamente non si presenta quell'esperienza artistica che pure si situa nell'orizzonte delle avanguardie storiche ed ebbe diffusione e risonanza estremamente vaste. Questa giunse a interessare — in maniera nient'affatto marginale o "settoriale" — tra i primi anni '20 (nel 1925 l'esposizione Neue Sachlichkeit alla Kunsthalle di Mannheim curata dal critico Hartlaub diede sanzione ufficiale a un insieme di tendenze "realistiche" manifestatesi già da qualche tempo) e approssimativamente il 1932 (il 30 gennaio 1933 Hindenburg conferiva a Hitler l'incarico di Cancelliere del Reich) l'insieme della produzione letteraria figurativa teatrale cinematografica (estendendo la sua influenza nel campo della fotografia, della musica, delle arti applicate e dell'architettura). (...) [Giovanna Grignaffini e Leonardo Quaresima]

 

Libro

Details

Titolo:

Cultura e cinema nella Repubblica di Weimar

Sottotitolo:

N. d.

Autore / Curatore:

Giovanna Grignaffini (a cura di), Leonardo Quaresima (a cura di)

Prefazione / Postfazione / Appendice:

Omar Pignatti

Collana / Evento:

Cinema Saggi 7

Editore:

Marsilio Editori / Comune di Modena - Assessorato alla cultura

Città:

Venezia - Modena

Anno:

1978

ISBN:

978-8831741866

Pagine:

224

Copertina:

Cartoncino

Dimensioni:

15,4 x 1,8 x 21 cm

Peso:

300 gr

ISSN / EAN / Altro codice:

ISBN-10: 8831741861

Note:

Cat. BCS-ET-017

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