È molto più difficile scrivere di Fritz Lang che di Friedrich W. Murnau, sul quale ho già fatto un libro. Non conobbi mai Murnau; nel 1927, quando cominciai a occuparmi di cinema, egli era già emigrato negli Stati Uniti. Per conoscere i suoi metodi di lavoro, passai due o tre mesi intervistando persone che avevano collaborato con lui. Le sceneggiature in possesso di suo fratello, scritte da Carl Mayer, Henrik Galeen, Thea von Harbou, Villy Haas e Hans Kyser, con annotazioni e modifiche dello stesso Murnau, mi aprirono nuove prospettive sul suo stile o confermarono le impressioni che avevo già ricavato da ripetute visioni dei suoi film. Dopo tutto questo scavare quasi archeologico, mi limitai a una descrizione del suo stile e del suo metodo di lavoro, per non rischiare di sovrapporre una mia lettura arbitraria. Non tentai un'interpretazione dei cosiddetti «temi eterni dell'anima» nell'opera di questo artista, scomparso nel 1931, come invece volle fare l'autore di una monografia successiva su di lui. Per il capitolo biografico ebbi la collaborazione del fratello di Murnau.Nel caso di Fritz Lang l'impresa è stata molto più complessa. Conoscevo Lang da molti anni e ho avuto occasione, a Parigi e a Beverly Hills, di parlare con lui dei suoi film, di fargli domande, di discutere e talvolta anche di litigare con lui. Inoltre abbiamo potuto chiarire molti punti per corrispondenza. Lang aveva affidato tutte le sue sceneggiature americane a me e alla Cinémathèque Française. Ho mandato ogni capitolo finito a Lang perché controllasse le date e i fatti. Pur non cercando mai di influenzare il mio giudizio, Lang è intervenuto ampiamente per rettificare le mie descrizioni dei fatti.La ricca personalità di Fritz Lang e la complessità della sua opera impediscono di schedare il regista sotto una semplice etichetta. La mia formazione di storica dell'arte mi porterebbe a scrivere di aspetti formali e evoluzioni stilistiche. Ma su questo Lang obiettava che ogni film trae il proprio stile specifico dal suo soggetto. Pur dandogli ragione nella critica di qualsiasi interpretazione esclusivamente stilistica del suo cinema, talvolta ho dovuto usare questo metodo, soprattutto studiando i suoi film tedeschi, per poter puntualizzare, ai fini della comprensione mia e del lettore, certe analogie o differenze tra le diverse opere. (...) [Lotte H. Eisner]