Sezione bibliografica dedicata al cinema espressionista tedesco, o al nesso correlato.

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Cinema espressionista

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Il cinema espressionista tedesco: un linguaggio metaforico

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Il problema fondamentale per ogni storico del cinema è oggi, io credo, il rapporto di lontananza con l'oggetto della ricerca, che nasce in parte dalla perdita delle opere meno importanti e in parte anche dalla difficoltà di capire, oltre al film, la posizione del cineasta, e cioè il suo modo di considerare il cinema e di usarlo nel contesto preciso in cui si trovò ad operare. Nella maggioranza dei casi sono infatti accessibili all'analisi solo i film più conosciuti di ogni corrente cinematografica, mentre i minori — e cioè quelli che costituiscono in un certo senso l'«humus» nel quale ogni movimento si è formato — non esistono più o sono difficilmente visibili. Le opere che fanno testa, d'altra parte, specie nel caso particolare dell'espressionismo tedesco, che già si fonda su una concezione enfatica dell'arte, rivelando spesso gli aspetti più appariscenti del periodo, rischiano di falsare ulteriormente l'analisi.Lo sforzo consiste perciò essenzialmente nella ricostruzione del «tessuto connettivo» in cui le opere hanno vissuto e si sono alimentate, e nel recupero anche delle componenti meno vistose, senza dover ricorrere per questo a elementi che esulano dal contesto cinematografico vero e proprio. A questo tipo di ricerca mi sembra rispondere adeguatamente il testo di Henry, la cui analisi semiologica mette in evidenza lo sviluppo delle connotazioni non solo all'interno di ogni film, ma tra un film e l'altro, ricreando in tal modo, sulla base di un'osservazione attenta e puntuale, quei nessi chiarificatori che sono generalmente rappresentati dalle opere minori di ogni corrente culturale.L'espressionismo nasce però non da considerazioni superficiali e generiche, ma da una verifica costante e da un rapporto stretto con l'opera. La chiave di lettura proposta trascura in parte il livello iconico e quello narrativo della significazione per privilegiare quello specificatamente estetico; si tratta infatti di una semplice ipotesi linguistica — la metafora — che da un lato serve da strumento investigativo e dall'altro definisce l'intero movimento. In un sistema linguistico come quello cinematografico, dice infatti l'autore, non si può definire un'estetica in base a regole generali perché esse non esistono; si può invece farlo in base a forme ricorrenti che ripropongono lo stesso tipo di struttura linguistica in modo sempre diverso.Siamo, in altri termini, di fronte a un tentativo di ricomposizione dell'universo espressionista, tentativo che indaga sull'organizzazione e la strutturazione dei segni considerate esse stesse come elementi significanti in seno all'opera. La struttura «en abyme», ad esempio (piccole storie analoghe che rinviano alla storia generale come immagini riflesse di un unico oggetto in una fuga di specchi), sta a indicare, in senso metaforico, la funzione stessa dell'opera, che è quella di riflettere la soggettività dell'autore. E in base a questo spirito di profonda coerenza estetica dell'espressionismo, anche i movimenti di macchina, capaci di creare le diverse figure retoriche, ubbidiranno a tale regola metaforica.Scaturisce da questo tipo di considerazioni un'immagine dell'espressionismo come di un'estetica armonica e conclusa, in cui contano essenzialmente il disegno, la costruzione e la manipolazione dei materiali in base a forme precise e costantemente ricorrenti ma estremamente varie nelle loro concretizzazioni. Tutto ciò avviene in un'elaborazione continua del dato rappresentato che culmina nell'opera metaforica. In tal modo ogni possibile rapporto con la realtà si dissolve e il regista espressionista si rifugia nell'«astrazione espressiva» della sua creazione.Ciò che è più strano è che la sovrabbondante proliferazione creativa di immagini fantastiche nell'espressionismo nasce in realtà da una condizione di crisi esistenziale, di delusione e di rifiuto del mondo che porta l'autore espressionista a scegliere l'evasione in un universo ideale (che è poi quello della sua proiezione soggettiva). (...) [Ester Carla de Miro d'Ajeta]

Libro

Details

Titolo:

Il cinema espressionista tedesco

Sottotitolo:

Un linguaggio metaforico

Autore / Curatore:

Henry Michael

Prefazione / Postfazione / Appendice:

Ester Carla de Miro d'Ajeta (introduzione, traduzione e alcune note)

Collana / Evento:

N. d.

Editore:

Marzorati Editore

Città:

Milano

Anno:

1974

ISBN:

N. d.

Pagine:

100

Copertina:

Cartoncino lucido

Dimensioni:

13,9 x 0,9 x 23,3 cm

Peso:

190 gr

ISSN / EAN / Altro codice:

CL 23 -0155-5 / titolo originale: Le cinéma expressioniste allemand. Un langage métaphorique

Note:

Cat. BCS-ET-021

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