Le stagioni del cinema inglese - dovremmo dire britannico, ma non ci riusciamo - sono state brevi. Tutte le cinematografie nazionali hanno avuto momenti di splendore e lunghe eclissi, tranne quella americana cui il destino ha riservato da sempre un indiscusso primato; ma il caso inglese ci stupisce non poco. Infatti ci meraviglia che le grandi possibilità di diffusione offerte da una lingua parlata in tutto il mondo, quale è l'inglese, non siano mai state sfruttate. Né ai tempi del cinema muto, quando le barriere linguistiche si superavano più facilmente, né dopo l'avvento del sonoro, quando il parlare inglese costituiva un sicuro vantaggio.Forse la produzione non è mai stata sostenuta da una vera struttura industriale; forse le cause vanno ricercate nell'aggressiva politica di espansione americana - ne parla Alan Stanbrock nel suo scritto dedicato a Cecil Hepworth - ma rimane il fatto che, né da un punto di vista commerciale, né da quello artistico vi è mai stato un predominio inglese sugli schermi internazionali: come lo hanno avuto, a loro turno, i francesi e gli italiani.Vi sono state indubbiamente delle buone - brevi - stagioni. Frugando nella memoria personale: quali erano gli anni in cui leggevamo lo slogan "See a Good British Film" (ed erano davvero dei buoni film)? Erano gli anni attorno al 1960 ed esisteva un cinema britannico i cui autori erano Carol Reed, David Lean, Anthony Asquith, buon epigono Ronald Neame. Come vi furono alcuni anni felici attorno al 1960, con i giovani arrabbiati, il "free cinema", Tony Richardson e Lindsay Anderson, Karel Reisz, Richard Lester, John Schlesinger. Anche la stagione dei pionieri fu breve e intensa. Dal 1896 al 1906, più o meno: la decadenza non comincia per tutti nello stesso momento, ma vi sono state delle date cruciali e Barry Salt individua un punto di crisi nel trionfo americano dei nickelodeon. Con conseguente crescita della domanda, aumento della produzione e modernizzazione del modo di raccontare un film. I pionieri - così sembra - non ebbero la forza di trasformarsi in industriali, né ebbero l'avventurosa audacia degli italiani, che, arrivati buoni ultimi sulla scena internazionale, seppero aprirsi il varco con i loro melodrammi, le loro comiche, infine con i lungometraggi ispirati al mondo antico: dall'Odissea alle guerre puniche in un crescendo entusiasmante. Ma furono questi britannici dei veri pionieri, cioè degli inventori, uomini che scoprirono o costruirono qualcosa di nuovo.Qui si riapre l'annoso problema delle priorità, che la storia a volte disconosce, a volte semplicemente nega. "Non ha importanza - ha scritto qualcuno - non ci interessa sapere quale sia stata la prima volta di una certa cosa". Allora le idee non hanno una storia, cioè un'origine, un luogo e una data di nascita, da cui poi è venuta un'evoluzione, una maturità e un tramonto? Ha importanza, eccome. Lo abbiamo già scritto altre volte: ci interessa sapere se un certo tipo di racconto, di struttura linguistica - perché no? il primo piano - si è sviluppato in Francia nel 1900 o in America nel 1903. O in Gran Bretagna, nel Sussex, nel 1899, ad opera di alcuni isolati pionieri. (...) [Riccardo Redi]
Sezione dedicata a una bibliografia specialistica e selezionata che analizza il cinema muto italiano, ampliando la sua portata oltre i confini nazionali.
![logo biblio logo biblio](https://www.as-cinema.com/storage/2025/01/logo-biblio-60x60.jpg)
Cinema muto
Thematic library
Description
Libro
Details
Verso il centenario
Il primo cinema inglese: 1896-1914
Riccardo Redi (a cura di)
Introduzione del curatore
CNC - Collana di testi e studi sul cinema diretta da Lino Miccichè XIV | Rassegna: Verso il centenario: Il primo cinema inglese: 1896-1914, dalla XXVI Mostra Internazionale del Nuovo Cinema.
Di Giacomo Editore
Roma
1992
N. d.
132
Cartoncino lucido
21,2 x 0,7 x 19,9 cm
305 gr
Cert. 08864
Cat. BCS-CM-069
STAI SVOLGENDO UNO STUDIO O DELLE RICERCHE
Vuoi consultare o esaminare i materiali dei fondi archivistici?
Pianifica subito una sessione di approfondimento per il tuo progetto.