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Perfetti sconosciuti (2016) di Paolo Genovese ha raggiunto un invidiabile record, quello di essere stato il film con più remake nell'intera storia del cinema, 18. Record meritato, direi, perché è certamente uno di quei film che sembrano baciati dalla fortuna o nati sotto una buona stella, come preferite.

    Il primo bacio la fortuna l'ha dato permettendo di mettere insieme un cast così affiatato da non far capire dove finisce la scrittura e dove gli attori cominciano a inventare, con grande classe, sia chiaro. Il secondo bacio è arrivato quando gli sceneggiatori hanno pensato di trasformare quella che all'inizio doveva essere solo una scena del film, il gioco con il cellulare, in tutto il film. Ce ne sono altri, di baci, arrivati a segnare il cammino di Perfetti sconosciuti, ma qui ci interessa analizzare quello che è il vero cuore pulsante del film, la sceneggiatura.

    Contrariamente a quanto accade di solito, la sceneggiatura è stata scritta sapendo già chi avrebbe interpretato i ruoli. Sembra una cosa da poco, ma questo particolare, per persone che si conoscono bene come in questo caso, ha permesso di creare una aderenza perfetta fra personaggi e interpreti. E il risultato lo si vede nel modo in cui le parole escono di bocca da ogni singolo personaggio.

    Detto questo, ammetto che a me di questa sceneggiatura, ottima, non piace il finale. Lo capisco, ne capisco il senso, capisco perché a chi l'ha scritto sia piaciuto, ma per me si poteva e si doveva fare qualcosa di più. Le idee e le tesi che la sceneggiatura regge sono così potenti, che meritavano un sforzo ulteriore.

    La soluzione scelta è: comincia l'eclissi, vi facciamo vedere che cosa sarebbe successo se. Poi, finita l'eclissi, tutto viene cancellato. Le coppie escono e si riuniscono come se nulla fosse successo. Forse un filo di confusione c'è nella coppia che meno ha subito scossoni, Eva e Rocco, lei perché il suo segreto è stato svelato al pubblico ma non agli altri personaggi, lui perché l'unica chiamata che ha ricevuto, dalla figlia, gli ha fatto fare un figurone. Per Eva e Rocco la cancellazione brutale delle contrapposizioni esplose durante la cena non è così evidente. Ma per tutti gli altri, è così. Riprendono a parlarsi come se non fosse accaduto nulla.

    Il finale, ripeto, è un buon finale. Solo ritengo che sarebbe stato più giusto, visto il livello straordinario della scrittura, trovare un finale conseguente a quello che abbiamo visto. Ma così non è stato.

    È invece da studiare in qualsiasi corso di sceneggiatura il momento più difficile, il modo in cui viene costruita la nascita del gioco. Un meccanismo quasi perfetto, e peccato per l'unico punto debole. Proviamo a descriverlo.
La prima domanda è: ma con tutti questi segreti, i protagonisti non sono stati scemi a mettere su un gioco che non poteva che finire in massacro? Risposta il rischio concreto c'era, ma gli sceneggiatori hanno schivato alla grande tutti i rischi, cadendo purtroppo sull'ultima curva. Per fortuna l'energia e la determinazione di Mastandrea e Foglietta superano l'impasse. Almeno sul set. Resta sulla carta, ma è un'altra storia.

    Chi propone il gioco è Eva, il cui segreto è di essere l'amante di Cosimo, ma siccome Cosimo è lì, è tranquilla, non corre rischi. Il primo ad accettare è Piero, che un segreto ce l'ha, e grosso anche, però come dice nel finale, sperava proprio che con il gioco venisse fuori questo qualcosa che lui non riusciva a confessare, il suo orientamento sessuale. La seconda ad aderire è Bianca, la pura, l'unica che non ha niente da nascondere. Dopo Bianca, Cosimo, il suo compagno, quello che di segreti ne ha a carrettate, chiaramente non si può tirare indietro. A questo punto i sì sono già quattro su sette. E qui abbiamo l'impasse. Carlotta e Lele hanno tutti e due segreti, non pesantissimi, ma li hanno. Anzi, proprio Carlotta aspetta una telefonata quanto meno imbarazzante. Eppure è proprio lei a sfidare Lele a partecipare al gioco. I loro cellulari finiscono sul tavolo, ma una dose di incongruenza resta. Ultimo, per forza di inerzia, anche il cellulare di Rocco finisce sul tavolo. Forse, sarebbe stato meglio modificare la sequenza e chiuderla con Rocco, Carlotta e Lele, per esempio.

    Comunque il film resta potente e la sceneggiatura, come dimostra il numero di remake, ha permesso di avere un film da ricordare.

ANTONIO TURI

Redazione, ASCinema - Archivio Siciliano del Cinema

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